Recensione di una altro esponente dell’ormai vastissimo gruppo dei giallisti italiani: Paolo Forcellini
C’è tutta Venezia, soprattutto quella nascosta nel dedalo dei tanti anfratti, nel romanzo giallo di Paolo Forcellini (“Feste di sangue”, Cairo, 235 pag., 14 euro). A ogni festa, sia nazionale che locale (e son tante), viene strangolata una donna. Una, due, tre, quattro: tutte “copate”. Tra esse c’è anche la bellissima vincitrice della Festa di Maria (25 aprile), l’antichissima tradizione che risale a un Doge. Storia e intrighi vanno a braccetto nelle “calli sconte”: qui sta il fascino della narrazione, originalissima se posta a confronto con la stereotipata galleria del genere poliziesco.
Il commissario Marco Manente, intuitivo, dotato di enorme cultura, le tenta tutte pur di acciuffare quello che ormai viene definito “il killer dei sotoporteghi”. Agisce in zona buie, rischia molto ma è abile a dileguarsi. Manente, rapace a tavola ma anche nelle pieghe storiche della Laguna, ascolta tutto e tutti, ragiona, collega particolari, anche i più laterali. E’ burbero e insieme cordiale, decisionista, “uomo dell’ordine molto disordinato”, ineccepibile guida per i suoi uomini. Il killer delle festività una sera s’imbatte in una donna che, secondo testimonianze, dirà “proprio tu”. La morsa dell’inchiesta si fa più stretta, con alcuni colpi di fortuna. L’intera vicenda non è mai così lineare. Il “gioco” del gatto e del topo finirà davanti agli occhi del commissario che, toccato direttamente da quell’insolito femminicidio, è tentato di sostituire la giustizia con la vendetta.
di Pier Mario Fasanotti