In questo periodo di tragedia collettiva e di pressione incredibile su tutto il sistema sanitario sta sempre più montando, sull’eco di uno statalismo di ritorno, la pressione per ricondurre tutta la sanità nell’ambito pubblico.
Solo grazie alle strutture pubbliche si è potuto far fronte all’assalto della pandemia; solo grazie agli ospedali pubblici si è superato (almeno speriamo) il picco ; tutto questo nonostante, specie in Lombardia, in questi ultimi anni i finanziamenti agli ospedali pubblici siano stati inferiori a quelli per le strutture private; quindi, legittima deduzione, il pubblico è meglio del privato.
Questo ragionamento è solo apparentemente inattaccabile. Infatti possiamo opporre che
- non esiste una sanità “privata” se non quella, del tutto minoritaria, di quelle cliniche che si fanno pagare direttamente dai pazienti e che non hanno alcun rapporto con le ASL. In tutti gli altri casi si deve parlare di enti ospedalieri a “gestione privata” perché operano nell’ambito delle ASL, da cui ricevono la totalità dei contributi, e di privato hanno la gestione
- si dovrebbe invece parlare di ospedali bene o male gestiti. Non si può negare che esistano, specie in Lombardia, ospedali a gestione privata che funzionano benissimo e sono un vanto per la medicina italiana e ospedali a gestione pubblica, specie al Sud ma non solo, che sono esempi eclatanti di sperperi e inefficienza.
Quello che occorre davvero in tutti i campi e non solo nella sanità sono:
- concorrenza e possibilità di scelta da parte dell’utente. Non è un caso che centinaia di malati del Mezzogiorno affrontino disagi e spese non indifferenti pur di farsi curare negli ospedali del Nord, pubblici o privati che siano: è questo il vero metro di giudizio per l’efficienza di un sistema sanitario. Il malato decide di andare (e deve poterlo fare) dove lo curano meglio
- compito dello Stato non deve tanto essere quello di essere l’unico “dominus” della situazione che decide tutto, dalla costruzione di un ospedale alla gestione dei pasti, dalle carriere dei medici al tipo di carta igienica da fornire: una situazione di monopolio genera automaticamente inefficienza, sprechi e abusi che si riflettono sul servizio offerto.
Compito dello Stato dovrebbe essere quello di stabilire regole ben precise, parametri di efficienza, trasparenza nella gestione; controllare in modo puntuale e preciso la rispondenza della gestione ai parametri stabiliti (che devono essere uguali per tutti, ovviamente); punire gli eventuali scostamenti.
A questo punto è evidente che non è importante il tipo di gestione (pubblica o privata) ma la gestione stessa (efficiente o inefficiente) e il tipo di controllo effettuato.
Non c’è dubbio che molte cose siano da rivedere alla luce di quanto avvenuto: si è visto come il taglio dei finanziamenti alla sanità sia stato deleterio: si è preferito spendere per salvare l’Alitalia o per mandare in pensione a 60 anni per poi ritrovarci con 5000 posti letto in rianimazione quando in Germania ce ne sono oltre 50000; si è permesso che gli ospedali “privati” avessero molti meno posti in rianimazione o in pronto soccorso perché ritenuti scarsamente redditizi; si sono chiusi gli occhi su gestioni truffaldine o inefficienti per non danneggiare gli “amici” ecc. ecc.
Ma statalizzare tutto è passare dalla padella alla brace: i “privati” gestiscono per avere un profitto, è innegabile, ma il monopolio (pubblico o privato che sia) porta con se sprechi, inefficienza e, spesso, abusi.
Occorrono concorrenza, trasparenza e regole precise e univoche per tutti, quello che invano Libertates chiede da sempre
di Angelo Gazzaniga