È una maniera molto tecnica, professorale vorremmo dire, per definire un’operazione che sarebbe più comprensibile a tutti noi (che parliamo italiano) se la definissimo “tagli di spesa mirati”.
È un’operazione meritoria e indubbiamente necessaria, ma temiamo che finisca per rimanere una speranza, o piuttosto una serie di tagli “di facciata” (un “lifting” per continuare ad usare un certo linguaggio): questo taglio non si può fare perché si oppone il ministero, quell’altro perché lo vieta una legge, un altro ancora perché si toccherebbero interessi troppo grandi, un altro perché altrimenti i partiti non sarebbe d’accordo…. E così via.
Già il primo tentativo è naufragato miseramente: dopo aver proclamato l’assoluta e inderogabile necessità di un taglio immediato e notevole ai contributi per le spese elettorali (altra definizione elegante per “finanziamento ai partiti”) abbiamo una proposta di legge (e quindi una procedura necessariamente lenta per l’approvazione) di tutti e tre i capi dei grandi partiti che sostanzialmente non modifica nulla: nessun taglio e solo poche modifiche procedurali.
A parere dei Comitati esiste un solo modo per ridurre effettivamente i costi della politica (intesa come assieme di partiti, burocrazia e apparato statale):
- un vero federalismo fiscale (vedi il nostro libro “Contro gli statosauri”
- una vera democrazia diretta, cioè la possibilità per i cittadini di scegliere i propri rappresentanti, votarli e giudicarli alla fine del mandato (vedi il nostro “Maledetta proporzionale”.
- ridurre il numero di incombenze burocratiche che costringono non solo le imprese ma anche i semplici cittadini a sprecare tempo e soldi per adempimenti spesso inutili (già 50 anni fa Guido Carli parlava di “lacci e lacciuoli” che soffocano l’attività economica). Basti pensare che per ogni gara o offerta verso enti pubblici o parastatali debbono essere presentati numerosi documenti cartacei assolutamente inutili in quanto rilasciati dallo Stato stesso, che potrebbe molto più velocemente consultarli in via telematica.
- Ridurre il numero degli enti locali che rappresentano il maggior centro di spesa in Italia: Abolire le province, accorpare i piccoli comuni, ridurre il numero delle comunità montane (che dovrebbero tornare ad essere semplicemente delle associazioni di comuni senza bilancio, sede e personale proprio).
La necessità e l’urgenza di questa riduzione di spesa è evidente quando si consideri che (da uno studio recente di Prometeia) in Italia vivono di “politica” (cioè ricevono il proprio reddito da enti statali, parastatali o assimilati) circa due milioni di persone.
Il paragone con una impresa ancora considerata come una delle maggiori in Italia (la Fiat) è impressionante: in Italia la Fiat dà lavoro a circa 55.000 persone.
Cioè la “politica” intesa come datore di lavoro è 36 volte più grande della Fiat
Angelo Gazzaniga
Portavoce dei Comitati per le Libertà