Ci sarà una ragione se le ultime elezioni amministrative in oltre 500 Comuni italiani hanno fatto segnare un crollo delle percentuali di votanti. Se ne è avvantaggiato il Partito Democratico, d’accordo; ne ha subito pesanti conseguenze il Popolo della Libertà, certamente; ne è uscito con le ossa rotte il movimento di Beppe Grillo, e questa dati i tempi volubili in cui viviamo è una sorpresa relativa.
Commentatori politici e giornalisti si sono concentrati generalmente sui rapporti di forza post-elettorali, disquisendo sugli effetti negli equilibri generali e in prospettiva sulla stabilità del governo Letta.
Ma al di là del politichese di prammatica, quel che è sfuggito (forse perché partiti e giornali politicizzati hanno preferito di solito concentrarsi sui mali dell’avversario) è il fatto che dei partiti italiani – di tutti questi partiti compreso quello a Cinque Stelle – gli elettori ne hanno le tasche piene. Basta guardare gli strazianti dibattiti televisivi per capire la pochezza dei loro rappresentanti, la disarmante ripetitività conformistica dei loro pseudo-leader, il vuoto assoluto di idee e riflessioni realmente riformatrici.
Sono i partiti in sé che devono cambiare, questo è il punto. Non basta sventolare gli scontrini di spesa o mostrare urbi et orbi le proprie mani pulite.
Occorre invece realizzare compiutamente l’articolo 49 della Costituzione, là dove precisa l’obbligo per i partiti di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Ma che significa “con metodo democratico”? Vuol dire, oggi, che devono aprirsi alle autentiche elezioni primarie sia per le cariche interne sia, e soprattutto per i candidati alle elezioni (secondo i Comitati per le Libertà, le primarie devono essere rese obbligatorie per legge); darsi uno statuto depositato dal notaio; rinunciare a qualsiasi contributo pubblico; diffondere in Rete i propri bilanci e l’elenco dei loro finanziatori privati (con un tetto massimo per ciascuno, la facoltà di detrazioni fiscali per i donatori e la rintracciabilità dei loro curricula); sottoporsi alle verifiche della Corte dei Conti. Devono, ancora, accettare che i rimborsi elettorali (alternativi, dunque non cumulabili con quelli privati) vadano soltanto ai candidati e non agli apparati.
Questo tanto per cominciare, e già non è poco. Ma vuoi vedere che una simile riforma dei partiti farebbe risalire la percentuale dei votanti alle prossime elezioni?
Gaston Beuk