Se Vincent Bollore’ si crede Napoleone Bonaparte, Corleone non ci sta!

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Caro dott. Bollorè, è’ di queste settimane la notizia inquietante della cosiddetta “scalata ostile” – ancorchè scevra da profili di rilevanza penale dal lato del “market abuse” perché la manipolazione del Mercato è di per sé una distorsione sociologica del PM – del suo gruppo Vivendi alla Mediaset del Biscione, che sale addirittura fino al 20%. Non è assolutamente vero che il bilancio consolidato del gruppo Fininvest è un asset strategico del Sistema Italia come ha detto il ministro Calenda, tecnicamente ignorante – il governo non può esercitare la golden power a meno di non interferire in una dinamica di mercato alterandone lo svolgimento a partita cominciata. Inappropriata è stata la scelta della Agcom di fornire un assist al procuratore Francesco Greco; ancora più sospetta è l’adesione incondizionata della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano alla Memoria difensiva presentata dall’avvocato Niccolò Ghedini, alla luce del fatto che già era stata archiviata l’inchiesta della Procura di Trani sulla tragicomica manipolazione del Mercato delle società del rating: la speculazione al ribasso sui competitori fragili per scommettere in buona sostanza sul loro default e trasformarli in territori da colonizzazione finanziaria non è reato, ma un bruttissimo comportamento. Si tratta della fenomenologia dell’avidità di Gordon Ghekko, che non rientra però tra le prerogative di una magistratura requirente la quale ormai – per citare le parole di Piero Bassetti – sta diventando un incontrollabile fenomeno patologico che si arroga il compito di supplire al vuoto della Politica, e di uscire dalle compatibilità del codice penale. Fatte queste premesse, dott. Bollorè, mi permetto tuttavia di rivolgere alla Sua cortese attenzione il fatto che lei si crede Napoleone Bonaparte con la sindrome dell’onnipotenza: vampirizzare Mediaset perchè è in difficoltà – come quando il Caimano nel 1992 rischiava una bancarotta fraudolenta da 7.000 miliardi di debiti di lire per ammissione dello stesso Fedele Confalonieri – e frammentarla in mille pezzi vendendola poi al miglior offerente in linea con la finanza anti-sociale di Gordon Ghekko nel film di Oliver Stone, espone l’Italia ad una potenziale reazione incontrollabile da parte di Cosa Nostra siciliana che ha stipulato un contratto d’assicurazione (una sorta di CDS ante-litteram) con Silvio Berlusconi alla fine degli anni Settanta sulle televisioni del comparto Fininvest, e si sa che…la Mafia non sta a guardare, ma preferisce partecipare. Nel suo libro “Dalla parte della Costituzione” uscito adesso nelle librerie di tutta Italia, Antonio Ingroia rassegna semplicemente questo fatto per accertare il quale sono stati commessi – è vero – mostruosi inquinamenti probatori – ma questa è un’altra storia: “L’arrivo ad Arcore del mafioso Vittorio Mangano, assunto come stalliere, definito da Paolo Borsellino la “testa di ponte” di Cosa Nostra nel Nord Italia, si inserisce nel quadro di questo accordo, che assicura a Berlusconi la protezione di Cosa Nostra promettendo prospettive di investimento per ingenti somme di denaro. Va detto che più di un collaboratore di giustizia ha riferito di cospicui investimenti mafiosi nelle attività di Berlusconi, dall’edilizia alle televisioni…Ma qui non siamo in una sede giudiziaria. Resta il fatto che, anche grazie alla sua “lungimiranza” e alla sua politica delle “relazioni”, Berlusconi ha potuto con profitto realizzare Milano 2, ottenendo in modi ancora poco chiari le concessioni e i capitali necessari, ed è grazie a questa sua “lungimiranza” che ha costruito il suo impero economico e televisivo…Il tutto senza temere neppure la mafia grazie a quel “contratto di protezione” stipulato dapprima con Stefano Bontate e poi trasmesso ai capi corleonesi, Totò Riina in testa, così come in modo definitivo ha riconosciuto la Corte di Cassazione (sentenza n. 643/2014 REGISTRO GENERALE n. 47340/2013, ndr)…”. Ne è derivato il versamento di periodiche somme di denaro dal 1975 al 1992 a Cosa Nostra, sempre sulla base della suddetta “offerta del Padrino” che non si può rifiutare: cento milioni di lire all’anno venivano restituiti a Corleone alias “patti chiari e amicizia lunga”. Dottor Bollorè: se lei adesso si lancia alla cannibalizzazione della Mediaset come uno speculatore senza umana pietas (comportamento già avuto dall’ing. Carlo De Benedetti all’interno del Banco Ambrosiano con Roberto Calvi al limite dell’estorsione), c’è il rischio che la onorata societas scelerum chieda il rientro dal “contratto di assicurazione”…E non con accademici scambi d’opinione! Meno narcisismo, più libero mercato secondo Adam Smith! Si chiama realismo.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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