Una critica all’ultimo film di Tarkovskj
La vicenda del viaggio in Italia del poeta russo Gortchiacov, venuto sulle tracce biografiche di un musicista del ‘700 ma anche per visitare la Madonna del Parto del celebrato Piero della Francesca, suscita molteplici emozioni e riflessioni, che si apronoJ per varchi successivi, sui significati più profondi dell’ esistenza, dell’ arte, dell’amore e del dolore.
Si potrebbe dire che vi ricorrono molteplici archetipi simboli e motivi in maniera pluriprospettica e originale. Intanto si ravvisa un’alternanza cromatica e paesaggistica che sembra oscillare tra Piero della Francesca e Leonardo da Vinci, ossia le due vie della grande arte umanistica come visione del mondo, che sembra influenzare il genio di Tarkovskj.
Piero ossia la prospettiva frontale centrale, la razionalità pura, l’asse della visione, l’uomo come centro dell’Universo. Leonardo,invece, come il principe raffiguratore del naturalismo magmatico degli elementi (liquido, aeriforme, gassoso, solido): tra questi due poli oscilla l’arte figurativa di Tarkovskj, evidenziando un raffinato gusto per i colori sfumati, i chiaroscuri, le penombre che all’improvviso si dilatano in luce o le luci che si restringono in una ampolla, in un interno abbandonato, in una pioggia improvvisa e segreta.
Ma in fondo le due vie estetiche e a tratti iconiche riflettono due concezioni del mondo, alternate o giustapposte nell’arte di Tarkovskj: al centro vi è l’elemento acqua, la purezza dell’acqua, ricca di infiniti giochi chiaroscurali e di effetti prospettici insospettati, sempre vivi e sempre nuovi, o che si tratti delle brume di un paesaggio o che ci si accinga all’attraversamento di una pozzanghera, di un corso d’acqua o di un diluvio, o che si scoprano rovesci di pioggia imprevedibilmente esterni-interni alle case ai palazzi alle chiese e alle rovine. Il significato dell’ acqua come purificazione, simbolo battesimale o letale a seconda i casi, verrà chiarito alla fine del film, prospettando il problema della risorsa idrica a livello mondiale.
Ma nel contempo la tematica jounghiana della sincronicità, della simultaneità degli eventi e delle risonanze interiori di essi, si evidenzia nei dialoghi con il contadino folle, che si era chiuso in casa per sette mesi nell’aspettativa ‘della fine del mondo, e a cui il poeta russo cerca di parlare prima con la mediazione della sua amica poi affrontando diversamente e direttamente la difficile relazione: queste intense scene si apriranno poi a loro volta sulle cadenzate movenze del contadino che rivede alle sue spalle, per un attimo, il dramma della sua famiglia e quindi rincorre, imitandone i passi, il suo figlioletto sul sagrato della chiesa (assistendo con cura alla scena il sacerdote cattolico, che può ricordare il prete apparso sul finire del Processo di Franz Kafka).
Il sincronismo diventa esplosivo nella recita finale, e mortale, della compagnia dei folli al Campidoglio, laddove sulla statua di Marco Aurelio l’attore protagonista si dà alle fiamme per protesta verso l’insensatezza del mondo; intensa e drammatica sequenza di spessore beckettiano che si alterna con la morte del poeta russo quando questi riesce ad attraversare il corso o il rigagnolo d’acqua con la candela accesa, riprendendo un annunzio prefigurato nella prima parte del viaggio con la sua donna.
Alla fine campeggia la chiesa dell’incompiuta invenzione dei Templari , a Lacerenza: laddove i canti severi e ancora una volta frontali delle cinque navate accolgono la fine della parabola del viaggio, come morte e vita dell’umanità. La cifra simbolica del poeta “1+1=1” è la stessa cifra dell’uno tutto, effigiata sulla parete interna della casa colonica abbandonata in Italia centrale, e spiegata dal poeta Gonchiarov con la frase: «Una goccia più un’altra goccia dà sempre una goccia».
Giuseppe Brescia