Siria: i politici italiani tutti con Putin?

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Gli ultimi avvenimenti in Siria mostrano come molti politici italiani abbiano fatto una scelta di campo

Le “Le presunte armi chimiche le stiamo ancora cercando nell’Iraq di Saddam Hussein. Stiamo ancora piangendo l’errore dell’intervento militare in Libia e in Afghanistan, nel 2018. E’ pericolosissimo affidare alle bombe e ai missili cosiddetti intelligenti la soluzione delle controversie internazionali. Occorre dialogo”. Sono parole di Bertinotti? Agnoletto? Padre Alex Zanotelli? No: sono di Matteo Salvini. Come mai il muscolare leader della Lega è convertito alla causa del pacifismo e parla con gli stessi identici argomenti dei pacifisti dei tempi della guerra in Iraq? Perché non fa altro che ripetere un copione già scritto e l’autore è sempre lo stesso usato dai pacifisti del decennio scorso: il Cremlino. Non è solo un sospetto o un’insinuazione: la Lega è ufficialmente associata a Russia Unita, il partito di Putin e Medvedev. Dunque è assolutamente prevedibile che ne sostenga la causa.
“Attacco in Siria fuori dalla legalità internazionale in assenza di un pronunciamento dell’Onu sui presunti attacchi chimici. Evidentemente i disastri causati in Libia non hanno insegnato nulla. L’Italia non assecondi questa pericolosa deriva”, dichiara con un tweet anche Giorgia Meloni, alleata di Salvini nel centrodestra. In questa frase sono contenuti, più o meno consapevolmente, tutti i punti dell’agenda del Cremlino: l’uso solo selettivo della legalità internazionale (quanto è legale un attacco chimico su civili?), il dubbio che nessun attacco sia avvenuto e il richiamo storico al “disastro” della Libia, attribuito alla Nato piuttosto che alla guerra civile che lo causò, o alla repressione militare di Gheddafi che la fece scoppiare e degenerare fino a un punto di non ritorno. Berlusconi si limita a un laconico “in momenti come questi è bene non parlare”, perché teme di esporsi troppo in fase di negoziati per formare un governo. Però sappiamo tutti come la pensa: è lui che ha introdotto Salvini a Putin. Chi altri? Manca all’appello anche un parere del Movimento 5 Stelle, dal quale giungono caute affermazione di Luigi Di Maio, proclamatosi “al fianco dei nostri alleati”, però anche “preoccupato”, condanna l’uso di armi chimiche, ma auspica che l’attacco contro gli impianti di Assad sia “limitato” e “non l’inizio di un’escalation”. Ma ci pensano gli stessi blog grillini, il programma di politica estera pentastellato e cinque anni di storia di dichiarazioni contro gli Usa per smentire quel “a fianco degli alleati”. Sanno tutti che il Movimento 5 Stelle è ostile a questo ordine mondiale, tanto quanto la Lega se non di più.
Si può essere contrari o favorevoli all’intervento militare in Siria, condotto dalle tre potenze democratiche del Consiglio di Sicurezza. Ci sono sicuramente tanti spunti di riflessione su una vicenda drammatica e sotto molti aspetti ancora molto oscura. Non da ultimo: il sospetto più che fondato che si sia trattato solo di un’azione militare simbolica, di cui la Russia era informata (se non proprio concorde). Una vicenda internazionale così limitata ha però dato adito a una battaglia di incredibile ferocia in tutti i social network. Perché? La risposta è sempre quella: il Cremlino. Analisti del Pentagono hanno calcolato che il volume degli interventi dei cosiddetti “troll” (disturbatori) pilotati da Mosca siano incrementati di oltre il 2000% in tutti i social network. Nessuno ne è immune nessuno. Quando entriamo nell’arena virtuale, la troviamo già intossicata dall’azione dei disinformatori, abbiamo a che fare con decine, centinaia, o migliaia (a seconda del livello delle nostre interazioni) di persone convinte da chi di dovere che non vi sia stato alcun attacco chimico a Douma e che, di conseguenza, la crisi sia nata tutta da una montatura della propaganda britannica. Da notare: non americana, questa volta, ma britannica, perché è soprattutto Londra ad essere ai ferri corti con Mosca a causa dell’avvelenamento dell’ex agente Skripal a Salisbury. E a proposito: i due terzi degli articoli condivisi, in queste settimane, sui social network, riflettono la posizione ufficiale del Cremlino sul caso Skripal, cioè che non vi sia alcuna prova che il gas nervino usato contro l’ex agente segreto provenga dalla Russia (e questo anche dopo che l’Opcw ne ha confermato la provenienza russa).
Insomma, bentornati nella guerra fredda. Negli anni del confronto Usa-Urss, a dar voce alla versione del Cremlino era un partito votato in media dal 30% degli italiani, con tutti i suoi potenti mezzi di propaganda, nei giornali, nelle televisioni, nelle scuole, nelle università, nei salotti buoni dell’aristocrazia rossa. Negli anni 90, fino ai primi anni 2000, il pacifismo a fin di Mosca e l’antagonismo all’Occidente erano rimasti rumorosi, ma di nicchia, appannaggio delle estreme destra e sinistra e delle piazze organizzate al di fuori dei partiti. Oggi è tornato ad essere un fenomeno di massa. E’ promosso dai sovranisti, non più dai comunisti: perché se allora Mosca si faceva capofila di un movimento rivoluzionario internazionalista e contrario alla proprietà privata, oggi è diventato il portabandiera di un autoritarismo senza ideologia, dal vago sapore fascista, non contrario per principio alla (piccola) proprietà, ma nemico dichiarato del liberalismo e del mercato libero. Contrariamente alla guerra fredda, però, il Cremlino non è più punto di riferimento di una minoranza (per quanto grande fosse, il Pci fu sempre all’opposizione), ma della maggioranza. Se si sommano i voti di Lega, Fratelli d’Italia e Movimento 5 Stelle (per non parlare del filo-russo Berlusconi) vediamo che, dal 4 marzo, il governo Putin è sostenuto dal 69% del nostro Parlamento.

di Stefano Magni

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