Tatuati dalle carceri del Soviet

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Una mostra fotografica di Vassiliev con i tatuati delle carceri sovietiche

Negli anni Ottanta, mentre la figura di Michail Gorbaciov e l’alone magico della sua perestroika conquistavano i media occidentali, nei lager siberiani dell’Urss i detenuti, criminali e non, continuavano a vivere in un mondo alternativo, del tutto a parte, che non aveva nulla da invidiare ai tempi di Stalin. Quel mondo parte, la cui iconografia da sola, se fosse stata conosciuta allora, avrebbe distrutto la propaganda più o meno interessata e filo sovietica, vede ora la luce in una grande mostra fotografica. La collezione, costituita da una rara  serie di ritratti, tutte prime stampe  degli anni ‘80, di galeotti  tatuati delle carceri sovietiche (circa 30 foto) è opera di Sergei Vassiliev,  uno dei più grandi e premiati fotografi russi. Vassiliev al partito comunista non piaceva perché, come lui racconta, “ non esaltava le conquiste del regime, ma scattava immagini di persone vere, senza alcuna retorica”.
In quell’epoca di cosiddetta glasnost,  quando il “Time” americano insigniva  Gorbaciov del titolo di uomo dell’anno e poi del decennio, esaltandone l’opera di trasparenza e ristrutturazione, la realtà raccontata da Vassiliev era assai diversa, e con le sue incisive immagini rivelava una URSS ancora immutabile; i suoi  scatti,  troppo lontani dall’agiografia del regime comunista, rimanevano  proibiti al il pubblico sovietico. I premi internazionali vinti fin dagli Anni Settanta, Vassiliev non aveva mai potuto ritirarli personalmente.
Figlio di contadini, aveva  iniziato la carriera militare nella contraerea, abbattendo l’U2 americano cui poi seguì il primo scambio di prigionieri fra USA e URSS, con il pilota Powers in cambio della spia sivietica Abel. Sergei  avrebbe voluto studiare giurisprudenza, ma il destino decise altrimenti e ne fece un capitano di  polizia! In polizia fra un interrogatorio e un indagine frequentò anche la biblioteca e il fotolaboratorio di criminologia, appassionandosi alla fotografia. L’hobby divenne lavoro e nel ‘69 lasciò la polizia per diventare fotoreporter del giornale  di Cheliabinsk, e affermarsi come uno dei più grandi fotografi russi contemporanei. Le sue ultime mostre si sono tenute a Londra (2013) e Roma (2016).
Ora, eccole a Milano, le immagini un tempo proibite. E’ una serie di ritratti di detenuti tatuati ripresi nelle loro celle, che Vassiliev ha scattato alla fine degli anni Ottanta,  ritornando in quelle carceri dove aveva condotto interrogatori e visto incredibili tatuaggi di varia ispirazione simbolica, carichi di una forza iconografica chiaramente antisovietica, come testimonia la grande Madonna sul torace di un detenuto.

La raccolta si deve alla passione per l’arte e la cultura russa del giornalista, scrittore e saggista Francesco Bigazzi. corrispondente dalla Russia per oltre trent’anni prima come caporedattore dell’ANSA  e ancora oggi per il settimanale Panorama. .
Quando ha iniziato a collezionare le foto di Vassiliev?”.
“ Dal 1987. Il Ministero dell’Informazione mi chiese allora di organizzare in Occidente una mostra dell’opera di Vassiliev: in quell’occasione ho potuto  vedere anche quelle scattate nelle carceri. Ne sono stato impressionato e, vista la disponibilità del Ministero a cederle. le ho acquistate”.
Dunque ha conosciuto personalmente Vassiliev?
“Per paradosso, l’ho incontrato solo quando l’ho invitato alla mostra nella Galleria romana. E’ stato molto sorpreso dalla mia collezione perché si tratta delle prime foto che aveva stampato nella sua piccola camera oscura e che pensava di aver perso”.
Quante ne ha in tutto ?
“Circa 500”.
Oltre che di Vassiliev, anche di altri fotografi russi?
“Ne ho molte altre, anche di chi ha immortalato la storia della Piazza Rossa nell’era sovietica. Comprese rarissime foto di Celentano e della Mori sulla Piazza Rossa nello storico, e unico, viaggio che ha consacrato il cantante italiano più famoso in URSS, poi Russia”.
I trenta scatti, dapprima esposti al  MIA Photo Fair di MIlano, vengono battuti all’asta il 5 maggio presso l’Hotel The Square Milano di via Albricci.

Laura Lodigiani

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