Negli ultimi anni abbiamo assistito prima al successo e poi al trionfo dei nuovi manager e proprietari della “new economy”: da Musk a Bezos, a Zuckerberg…
Successi sempre più eclatanti, valori azionari alle stelle (la Tesla di Musk valeva più della General Motors ancor prima di aver costruito una sola automobile), sedi progettate da architetti di grido degne di un’opera d’arte con edifici immersi in giardini lussureggianti, uffici al vertice del lusso e della comodità (con divani a fiori e biliardi nei posti di lavoro), orari elastici e pioggia di fringe benefit.
Insomma una specie di eldorado per tutti: dipendenti, azionisti, clienti, ambiente; uno schiaffo alla vecchia economia che abbiamo sinora conosciuto e che sembrava destinata a tramontare per sempre.
Invece ecco che alle prime difficoltà economiche, al primo stop nella continua e ininterrotta scalata riappaiono i vecchi “padroni delle ferriere” senza neppure quel tocco di paternalismo che li contraddistingueva: licenziamenti in massa, spesso addirittura via mail o via whatsapp…
Che si debba tornare a un’economia basata sulla produzione di beni, su fondamenta solide e create progressivamente in lunghi anni di lavoro, su dipendenti considerati come esseri umani e come collaboratori indispensabili a un’azienda con la loro esperienza e professionalità e non come numeri in appendice a un bilancio?
di Angelo Gazzaniga