che fine farà il sogno castrista latino-caraibico?
Si è conclusa a Quito, Equador, la quarta riunione del vertice della Celac (Comunità Stati Latino Americani e Caraibici). Questa volta con pochi progressi, purtroppo. Il programma di Correa, presidente dell’Equador, (quando assunse la presidenza temporanea dell’organismo interstatale), era di fare grandi passi in avanti verso la integrazione regionale, col consolidamento della Celac come organismo prestigioso per il resto del mondo; ma poi vennero le elezioni in Argentina e in Venezuela.
La insperata vittoria di Macri, candidato delle destre, dopo 18 anni di governi kirchneriani, e cioè di sinistra, ha fatto mancare l’appoggio al progetto che invece Cristina Fernandez manteneva fermo. E vennero ad aggiungersi le elezioni legislative in Venezuela, con la sorpresa di un crollo inaspettato del Polo Patriotico e del Partito Socialista Unito di Venezuela, che dalla maggioranza assoluta ottenevano appena un terzo dei seggi parlamentari. Colpevole l’astensionismo, nei due casi.
In Argentina, dove al primo turno il candidato di sinistra era in vantaggio di un buon margine, al ballottaggio è andato sotto. Il calo di affluenza alle urne e’ stato di un 30%. E il calo di affluenza alle urne in Venezuela e’ stato a volte anche superiore.
Quindi, se volessimo analizzare la situazione oltre il risultato numerico delle urne, dovremmo considerare l’astensionismo non certo di destra; si può con sicurezza affermare che in nessuno dei due casi c’e’ stato uno spòstamento a destra della gente, anzi se mai al contrario, soprattutto nel caso del Venezuela.
Ricordiamoci che la Celac fu fondata da Chavez, (presidente di Venezuela) Kirchner, (presidente di Argentina) e Lula, (presidente del Brasile), nell’intento di seguire l’esempio della Unione Europea.
Ugo Chavez e Fidel Castro avevano gia fondato l’ALBA-TCP, (Alleanza Bolivariana delle Americhe – Trattato per il Commercio tra i Popoli), organismo interstatale molto piu ideologicamente orientato, e che continua a progredire nell’intergrazione, decidendo ad esempio una moneta virtuale per l’interscambio tra i Paesi aderenti. Aderirirono subito Bolivia, Equador e Nicaragua, ma ultimamente con la nascita della Petrolcaribe, azienda interstatale per la raffinazione e la distribuzione del petrolio agli stati membri, hanno aderito quasi tutte le “isole-stato” dei caraibi, cosi che da 2, poi 5, adesso sono diventati 15. Invece gli Stati aderenti alla Celac sono 33.
Il vertice di Quito ha regitrato solo due note di rilievo: una forte insistenza da parte di Cuba, con gli interventi di Miguel Diaz-Chanel, (primo vicepresidente) per proseguire nel processo d’integrazione e, la pressante insistenza di Manuel Santos, presidente di Colombia, per il processo di Pace, nel proprio Paese, invitando La Celac e l’ Onu ad entrare nelle trattative all’Avana. (Fino ad ora le trattative erano state patrocinate solo da Cuba e Norvegia)
Molto più ricco di esiti era stato il 2º vertice, tenutosi a Cuba due anni fa, dove si firmò la dichiarazione della Celac come zona di Pace, del Rio Bravo alla Patagonia.
In conclusione, la Celac vive ma un po’ in affanno, speriamo che, ripreso fiato, possa continuare la sua corsa verso un mondo migliore “con tutti per tutti”, come ebbe a scrivere José’ Martì.
Giancarlo Guglielmo