Il movimento di popoli in cerca di una vita migliore è una caratteristica della nostra era e gli italiani lo sanno bene. Tra il 1880 e la prima guerra mondiale emigrarono circa 14 milioni di Italiani e nel biennio 1919-20 lasciarono l’Italia per l’America del Nord 442.194 persone, per l’Argentina 50.265 e per il Brasile 16.151. Paesi che avevano bisogno di mano d’opera, che ha dato un contributo determinante alla loro economia.
Ma quando il primo fascismo fece sperare molti, l’emigrazione crollò, mettendo in crisi le società di navigazione italiane i cui pingui bilanci non erano fatti dai biglietti dei vip in prime classi lussuose come Grand Hotel, ma dalle centinaia di migliaia di biglietti pagati con prestiti, sacrifici o dopo aver venduto tutto. La Navigazione Generale Italiana, prima in Italia e seconda nel mondo dopo la Cunard inglese, fu salvata dallo stato con l’IRI diventando la Italia di Navigazione.
I comportamneti di uno Stato serio verso chi vuol arrivare deve essere pragmatico e non pasticciato da rivalità politiche e condizionato da demagoghi.
Le immigrazioni in Italia sono di due tipi, quella proveniente dall’Africa, poco qualificata, che dura da tempo e continuerà, e quelle saltuarie, da paesi in crisi come Siria, e ora Afghanistan di dimensioni ridotte, ma piu’ qualificate.
L’immigrazione africana pare non gestita razionalmente perchè si ritiene che tutti quelli che arrivano vadano accolti per ragioni umanitarie, e perchè vittime di trafficanti spregiudicati. Ma le ragioni umanitarie hanno un limite ,perchè se l’Italia ne può accogliere 100, non ne puo’ accoglierne 1000, quindi bisognerebbe fissare una cifra di emigranti accoglibili annualmente, come hanno fatto altri Paesi, e rifiutare con realismo e severità quelli in più, facendolo sapere al mondo e senza farsi commuovere dal piagnisteo irrazionale di alcuni.
Chi arriva oltre la cifra stabilita va riportato al porto d’imbarco, o al suo Paes magari con qualche gesto di generosità che renda il loro ritorno meno tragico.
Ma qualcosa si può fare per limitare gli arrivi.
Primo, una campagna pubblicitaria nei paesi di provenienza, esortando a non partire verso l’ignoto, spiegando i disagi del viaggio che puo’durare settimane se non mesi, i maltrattamenti di coloro a cui si affidano, il trasporto su natanti nei quali vengono ammassati come animali e le tante morti in mare.
Secondo, uomini e organizzazioni che gestiscono questo traffico umano sono stranoti, allora i servizi segreti con chi dei nostri sa fare certe operazioni devono metterli nelle condizioni di smettere, naturalmente senza raccontarlo.
Terzo. Grande ammirazione e rispetto per le organizzazioni umanitarie che con i loro battelli salvano in mare chi rischia naufragio e annegamento, ma, di fatto, fanno da sponda alle organizzazioni criminali. La smettano, vendano i loro natanti e investano il ricavato nei paesi di provenienza degli immigrati per creare posti di lavoro.
di Ettore Falconieri