Quale libertà di stampa in Turchia?
Peggio stanno messi soltanto in Cina, Egitto, Iran ed Eritrea. Poi, per quanto riguarda il grado di (non) libertà di stampa, c’è la Turchia.
Lo dice la classifica del Comitato per la protezione dei giornalisti, il Cpj, che ha sede a New York. L’organizzazione ha infatti contato 14 giornalisti in carcere, per quest’anno, nel paese governato da Recep Tayyp Erdogan. Ma ciò che acuisce le preoccupazioni, è il trend che ha assunto man mano negli anni la graduatoria, almeno fino all’anno scorso, il 2014. Ebbene, i numeri parlano chiaramente, stando almeno al World Freedom Press Index. Se nel 2002 la Turchia si piazzava al 99° posto su 134 paesi, per quanto riguarda i parametri che regolano la libertà di stampa, l’anno successivo discese subito in classifica arrivando ad occupare la 115° casella su 158 paese analizzati. Negli ultimi tredici, poi, il 2004 e il 2005 sono gli unici due anni in cui la Turchia risale in classifica: 113° posto su 158 paesi nel 2004 e 98° posto su 161 paesi nel 2005. Idem per il 2006 . Per il resto, la discesa è stata inarrestabile. Nel 2007, 101° posto su 164 paesi, nel 2008 102° su 168, nel 2009 122° su 170, nel 2010 138° su 173, e, infine (i dati del 2011 non sono disponibili), 154° su 178 nel 2012 e nel 2013, e 154° posto su 180 paesi nel 2014. A tutto questo si aggiunga una considerazione finale: Libertates appoggia da sempre l’ingresso della Turchia nella Ue, per il suo faticoso percorso verso la laicità democratica e i suoi storici legami con l’Europa. Ma l’ingresso non può essere il frutto di uno scambio fra Germania e Ankara, al puro scopo di scongiurare un’ondata di profughi entro i confini dei 28 (e per il quale la Ue ha appena girati alla Turchia tre miliardi di euro, proprio per fornire gli strumenti ad un blocco del flusso migratorio). Deve essere conseguente al rispetto di parametri democratici e liberali: in mancanza di questi, grazie no.
Vito de Luca