Poca chiarezza, linguaggio burocratico, doppiezza, ricerca del compromesso a qualsiasi costo sembra siano caratteristiche inevitabili della politica italiana e del suo linguaggio.
Sarebbe troppo chiedere una legge, un decreto enunciati in maniera comprensibile per tutti, nel linguaggio che tutti noi usiamo?. Una legge, o un decreto, che indichi semplicemente cosa si vuole ottenere, in che maniera, entro quando e con quali norme transitorie?
Passano governi, ministri, maggioranze, addirittura repubbliche, ma qualcosa non cambia mai: il modo di scrivere e fare le leggi…
A partire dal celebre esempio del comunicato di Badoglio (di cui si parla nel 70°) con la chiusa “la guerra continua” quando tutti sapevano che si stava trattando la resa ne abbiamo avuto in questi giorni altri due esempi:
- la proposta di legge sul finanziamento pubblico ai partiti.
Qui addirittura si enuncia il principio che il finanziamento pubblico viene abolito tout court. Ma negli articoli successivi c’è tutta una serie di provvedimenti sostitutivi talmente complessi e contorti che nessuno è riuscito sinora a comprendere se alla fine i partiti avranno più o meno risorse dallo Stato e in base a quali calcoli….
- il progetto di legge per l’abolizione delle provincie.
Sarebbero stati sufficienti solo pochi articoli: entro quando le provincie dovrebbero essere abolite, a chi assegnare le loro competenze e la loro quota di imposte, come impiegare il loro personale… Invece c’è una serie complicatissima di norme da cui si capisce solo che le provincie resteranno ancora per parecchi anni…, verranno per ora abolite solo nelle grandi città a meno che un terzo dei comuni non si opponga…, perderanno competenze ma non personale e sedi…
Sembrerebbe solo una questione linguistica o di astuzia machiavellica:
a pensar bene: accontentiamo tutti, lasciamo aperta ogni strada, poi decideremo a seconda delle circostanze;
a pensar male: un “facite ammuina” legislativo: tanta apparenza per non cambiare nulla.
E invece è una questione fondamentale di cultura politica: la chiarezza nell’indicare quello che si vuol fare e come lo si vuol fare è un elemento imprescindibile in una vera democrazia.
Occorre che i cittadini sappiano che cosa e come un governo (e quindi la maggioranza che lo sostiene) vuol agire. Solo così essi possono valutare il suo operato, giudicarlo e scegliere.
La vera democrazia non è essere tutti d’accordo perché non si capisce cosa si stia facendo, ma un confronto tra una maggioranza che è d’accordo su certe proposte e una minoranza che la pensa diversamente.
Come ottenerlo?: una strada ci sarebbe: la democrazia diretta.
Fare in modo, come i Comitati sostengono da sempre, che il cittadino possa intervenire (e capire) maggiormente nei meccanismi della politica: attraverso una legge elettorale maggioritaria uninominale con primarie certificate e obbligatorie; attraverso un semi presidenzialismo che gli permettano di scegliere chi lo rappresenta, di valutarne l’operato e, ovviamente, di giudicarlo.
Angelo Gazzaniga