Una soluzione liberale per la crisi non è vero che non ci sia: ne sono la prova gli Stati Uniti
Nel 2008 c’è stata la grande crisi dei subprime che ha sconvolto le economie di tutti i Paesi. Dopo cinque anni possiamo tracciare un primo bilancio delle cure:
negli Stati Uniti l’economia cresce ormai ad un ritmo del 3/4 % annuo, la disoccupazione è scesa al 6%, cioè al valore che aveva prima della crisi, creando circa dieci milioni di posti di lavoro, la Fed comincia a progettare di aumentare progressivamente i tassi d’interesse tornando ad uno sviluppo normale dell’economia. E in Europa? Purtroppo il quadro l’abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi ed è particolarmente desolante.
Perché tutto questo?
Negli USA si sono prese misure rapide, immediate, di taglio liberista; mentre in Europa si annaspa ancora (dopo cinque anni!) tra dispute ideologiche, discussioni sui massimi sistemi, contrasti tra Stati e rigurgiti nazionalisti.
Infatti:
- Negli Usa un mercato del lavoro iperliberista ha portato a un immediato aumento del numero dei disoccupati, che però con il rilancio dell’economia sono stati prontamente recuperati; in Europa un mercato del lavoro rigido, garantista e bloccato (basti vedere quanto sta succedendo in Italia per il jobs act) ha sì garantito un impatto più morbido, ma ha creato una disoccupazione che aumenta lentamente e inesorabilmente senza molte speranze di ripresa.
- Negli USA il Tesoro lanciò subito il piano Tarp per il salvataggio di banche e imprese con 700 miliardi di dotazione. Ne sono stati impiegati solo 418 (tra l’altro per il salvataggio della Chrysler) e nel 2013 il fondo era già in pareggio grazie a interessi, dividendi e vendite; in Europa si sta ancora discutendo se la Bce possa o meno lanciare un piano per aiutare direttamente le imprese in difficoltà.
- Gli Stati Uniti sono diventati in pochi anni il maggior produttore di gas, grazie agli shale gas, liberandosi dalla schiavitù dei fornitori di petrolio; in Europa si sta ancora discutendo sui rigassificatori e intanto si spera nella benevolenza della Russia per assicurarci il gas necessario
- Negli Stati Uniti esiste una demografia positiva, grazie ad una politica dell’immigrazione chiara e previdente: in Europa ci si dibatte tra aperture populiste e rigurgiti nazionalisti senza giungere a nessun risultato
- La Fed ha fatto scendere immediatamente a zero i tassi d’interesse e ha lanciato un impressionante piano di immissione di liquidità (il Quantitative easing); in Europa la Bce ha atteso (o meglio dovuto attendere) quasi cinque anni per ridurre a zero i tassi di interesse e di Quantitative easing non se parla proprio anche se provvedimenti di questo genere sono stati già presi anche in Inghilterra, Giappone e perfino in Svizzera.. Ormai abbiamo tutti capito che abbassare il costo del denaro significa poco quando si è in una “trappola di liquidità” (cioè i soldi ci sarebbero ma non vengono investiti per mancanza di fiducia).
Risultato? Gli Usa si apprestano a confermare la crescita e a rialzare i rendimenti; a questo punto i capitali andranno dove c’è sviluppo, i cervelli in fuga e gli investimenti per la ricerca privilegeranno sempre più gli Stati Uniti. Intanto aumenterà il gap dell’Europa, frutto di politiche egoistiche e miopi dei singoli Stati e della mancanza di una effettiva strategia economica comune: tutti guardano al proprio elettorato e temono di intaccare privilegi e rendite delle proprie lobby elettorali.
Una prova che solo una politica economica autenticamente liberale potrà portarci fuori dalle secche della crisi
Angelo Gazzaniga