Quella dei vaccini è stata descritta come una guerra (anche se non lo è, per fortuna).
Così, come in tutte le guerre, ci sono vinti e vincitori.
Quali siano i vincitori è evidente: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna; quali gli sconfitti è altrettanto evidente: l’Europa e l’Italia in particolare.
Ma quale potrebbe essere una motivazione (anche se ce ne sono altre)?
Gli stati anglosassoni hanno affrontato la crisi con lo spirito imprenditoriale e di amore dell’iniziativa e del rischio: gli Stati Uniti hanno investito (con Trump) miliardi nel finanziamento della ricerca e delle imprese farmaceutiche che vi si dedicavano. Miliardi che non è detto che sarebbe andati a buon fine: alcune strade si sono rivelate sbagliate (come ad esempio quella di Sanofi) oppure addirittura l’epidemia avrebbe potuto ridursi prima dell’arrivo dei vaccini.
Gli stati europei hanno investito tutto in finanziamenti e aiuti, limitandosi a impegnarsi ad acquistare i vaccini prodotti e “tirando” a volte sul prezzo.
Significativo l’esempio dell’Italia: mentre si impegnavano miliardi per i vari bonus (dai monopattini alle vacanze o ai rubinetti), per i sussidi o peggio per tenere in vita Alitalia, non si trovavano quei pochi milioni che le imprese italiane del settore chiedevano da mesi per entrare nella filiera dei vaccini.
La motivazione forse non sarà quella di un sociologo tedesco che trovava una grande differenza tra gli anglosassoni, uomini di mare abituati a considerare il rischio come elemento fondamentale del successo, e i tedeschi, uomini di terra abituati alle foreste e quindi portati alla cautela e al consolidamento dei risultati; ma resta il fatto che occorre una politica di appoggio alle iniziative delle imprese, di aiuto a chi vuol fare e (perché no) rischiare se si vogliono ottenere risultati. Altrimenti una politica di conservazione dell’esistente, di sussidi a pioggia anche a ditte decotte ci farà sempre più perdere terreno nell’economia mondiale.
di Angelo Gazzaniga