Ci aspetta una “Grosse Koalition” all’italiana?
Forse non è un caso che il partito di Silvio Berlusconi abbia continuato pervicacemente a sostenere fino all’ultimo il “Tedeschellum”, cioè un sistema elettorale simile a quello tedesco. I suoi frutti si sono visti in Germania: nessun accordo di governo dopo mesi di trattative, e all’orizzonte una Grosse Koalition fra democristiani e socialdemocratici, da entrambi i partiti esclusa prima delle elezioni e ora presentata come l’unica possibile (alla faccia degli elettori, che non l’hanno votata).
E certo non è un caso che la commissione d’inchiesta sulle banche, la quale avrebbe dovuto mettere in rilievo le responsabilità di Maria Elena Boschi nella vicenda Etruria, sia approdata ad un nulla di fatto grazie alla compiacente assenza di tre membri di Forza Italia.
E neppure si può credere che il senatore d’opposizione Andrea Augello, colui che più si era battuto perché dal consesso di Pierferdinando Casini uscisse la verità sulla truffa ai risparmiatori toscani, sia stato brutalmente escluso dalle candidature del centrodestra. Se due indizi sono quasi una prova, tre costituiscono una certezza.
E poiché in politica niente avviene per caso, è agevole concludere che questi reciproci favori preparino l’intesa Renzi-Berlusconi, visto che dal voto del 4 aprile non uscirà nessuna maggioranza (né potrebbe avvenire, dal momento che il sistema di voto è congegnato in modo da renderla praticamente impossibile).
Tutto si tiene: in Italia forse non ci sarà la “Grosse Kolation” berlinese, ma una più romano-fiorentina formula tipo “governo del presidente” con tanti tecnici, sostegni esterni e varie compiacenti astensioni, tanto per salvare la faccia ai due principali contraenti: Pd e Forza Italia. Naturalmente in nome del “senso di responsabilità istituzionale”.
E così, ecco la politica italiana fare un passo in avanti e due indietro: non più Seconda Repubblica maggioritaria, né di nuovo Prima Repubblica proporzionalista, ma un’avvilente Prima Repubblica e Mezzo.
di Dario Fertilio