Che fare dinanzi al fenomeno tutto italiano dei voltagabbana in Parlamento?
Dalle elezioni politiche del febbraio 2013 a oggi, un parlamentare su quattro ha cambiato partito. I voltagabbana sono 121 deputati e 105 senatori. Un parlamentare è riuscito ad alternare cinque movimenti. I dati sono stati pubblicati dal Corriere della Sera. Alcuni commentatori sostengono che ciò sia ulteriore motivo di un’azione per l’abolizione dell’appellativo “onorevole”.
C’è però una riflessione/domanda più importante: l’Italia è ancora una Repubblica parlamentare? Esiste un principio di coerenza. Ma è anche vero che il parlamentare, come tutti, ha libertà di coscienza. E’ legittimo cambiare idea. Tuttavia sono altrettanto importanti il senso delle proporzioni e il sentimento degli italiani che non riconoscono più nel Parlamento la loro volontà espressa col voto.
Il governo di Mario Monti, che subentra a quello di Silvio Berlusconi dimissionario, dura a cavallo delle elezioni politiche del febbraio 2013, cioè dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013. Quindi, sempre senza elezioni politiche, l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affida l’incarico a Enrico Letta, il cui esecutivo va dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014. Quindi il governo dell’attuale presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Per giunta durante quest’ultimo è stata modificata la legge elettorale, il cosiddetto Italicum, e cambierà, quasi certamente, parte della Costituzione.
L’incarico al presidente del Consiglio è affidato dal presidente della Repubblica, sentiti i partiti, e per prassi si asseconda la maggioranza politica del Parlamento, quindi della volontà degli italiani. Cionondimeno gli ultimi tre premier, in particolare Mario Monti e Matteo Renzi, non rifletterebbero pienamente la volontà popolare. Certo, tutto regolare, ma anche tutto disordinato. La prova è che nel febbraio 2013 furono eletti con Scelta civica di Mario Monti 66 parlamentari. Oggi sono 23 alla Camera, azzerati al Senato. E il fatto che il Pd di Matteo Renzi ha ottenuto la maggioranza dei voti alle elezioni europee del maggio 2014 è anche il risultato di quanto sopra.
Di qui alle prossimi elezioni politiche di fine legislatura del 2018, quanti parlamentari contraddiranno la volontà del voto degli italiani? Perché non fare chiarezza e andare subito a elezioni anticipate, che si tengano nel modo più veloce possibile? Certo, c’è il rischio di compromettere la fiducia dei mercati nell’Italia, così faticosamente costruita. Ma ai mercati si può anche spiegare. La democrazia è più importante. I paesi con le economie più forti (Cina esclusa, dove vige il comunismo di mercato, un ossimoro destinato a diventare democrazia) sono quelli in cui non ci sono dubbi sul rispetto delle regole democratiche.
Ernesto Vergani